85 anni che hanno condizionato il nostro modo di vivere: 1940-2025
Anni 1940-2025. Seconda parte
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1970-1980
Gli anni bui
Desidero ricordare gli avvenimenti di questo periodo, tra i più tragici per il nostro Paese dalla fine della seconda guerra mondiale (e purtroppo tuttora fonte di profondi odii politici), unicamente in base ai miei ricordi ed alle personali sensazioni vissute.
Non fu un bel periodo, nonostante fosse iniziato, specialmente per noi giovani di allora all’ insegna della spensieratezza della Swinging London, dei suoi Beatles e delle sue minigonne e, perché no, della pillola anticoncezionale.
Ma le iniziali e più che condivisibili motivazioni dei movimenti studenteschi nati nel ‘ 68 erano ben presto degenerate e si erano innestate in una lotta politica trasformatasi ben presto in tragica violenza.
Mentre la Francia, che aveva dato il là a questa rivoluzione giovanile, aveva ben presto ritrovato la sua stabilità, da noi furono necessari più di 10 anni perché questa stagione di sangue e di stragi potesse finire.
A Milano non c’era giorno che non ci fosse una manifestazione, che quasi sempre finiva in violenza, uno sciopero, un pestaggio o un omicidio.
La democrazia delle assemblee studentesche significava che chi dissentiva dall’umore del momento ne veniva violentemente cacciato (quando gli andava bene). Grandi affari facevano i venditori di chiavi inglesi, l’articolo più gettonato dell’epoca.
La cultura era rappresentata dal “6 politico“, i cui risultati si sarebbero poi trascina nei decenni e nelle generazioni successive.
Il punto che già allora trovavo a dir poco sconcertante (per usare un eufemismo) è che i principali attori di queste manifestazioni e lotte “antisistema“ erano non la classe operaia, ma i rampolli della buona borghesia, per la maggior parte schierata, almeno a parole, a sostegno della contestazione di un mondo da lei stessa creato e tenacemente mantenuto.
E per finire con questo “ decennium horribile” come non ricordare le più di 600 persone rapite a scopo estorsivo ( molte delle quali non fecero più ritorno) o le stragi di Milano, Brescia , Bologna e le relative conseguenze?
Gli eccessi di questa situazione, in aggiunta alle incessanti manifestazioni sindacali e relative continue richieste salariali, accompagnate dagli shock petroliferi del 1973 e 1979, avviarono una spirale che porto l’ inflazione a crescere del 259% nel decennio ( Nel 1980 occorrevano 350 lire Per acquistare quello che 10 anni prima si acquistava con 100 lire).
Vi fu infine, specie a partire seconda metà del decennio protrattasi poi per il decennio successivo, la nascita e lo sviluppo delle mode “ progressiste” non tanto discutibili di per se’ ma per l’uso sfacciatamente e ipocritamente conformista che se ne fece.
Mi limito a ricordare una delle più gettonate, l’”egualitarismo” spinto a tali eccessi per cui in moltissime scuole, specie in quelle elementari, veniva evitato ogni evento competitivo.
Accanto a tante ombre, anche luci: l’abolizione di regole e tradizioni ormai fuori tempo, conquiste sociali come lo statuto dei lavoratori (1968) e la legge sul divorzio (1970) che qualsiasi buon liberale non può che condividere.
1980-1990
Si incomincia a riaccendere la luce
Cosi come le grandi tempeste non acquietano immediatamente, ma vanno via via perdendo endo la loro violenza, così anche nel decennio 1980-1990 le tensioni e gli eccessi accumulati nel decennio andarono lentamente scemando.
Si aprono nuovi scenari politici, si chiudono vecchi carrozzoni industriali, si sviluppano e conquistano mercati internazionali La moda, che trascina tutto il settore tessile, diventa fino alla fine del secolo uno dei settori trainanti dell’industria italiana. E sulla scia della moda, il simbolo “made in Italy” conquista il mondo.
Ci si spinge verso la modernità mediatica con l’ apertura delle televisioni private, che obbligano a ringiovanire le arcaiche trasmissioni della Rai: la conseguenza è uno sviluppo sempre più esponenziale del mercato della pubblicità che favorisce l’ aumento dei consumi e le relative produzioni di beni, con una crescita dell’economia che fa parlare della nascita di un nuovo “boom”.
In quegli anni, cresce il mito dell’efficienza e della modernità. I paninari, con i loro Moncler e le Timberland, popolano le piazze delle città; i primi yuppie fanno capolino nei bar del centro. La parola d’ordine sembra essere “apparire”. Si comincia a parlare di fitness, di moda, di immagine. Le vetrine si riempiono di oggetti desiderabili: il walkman, il videoregistratore, il Commodore 64. Anche il modo di ascoltare musica cambia: si passa dal giradischi alle cassette, e poi ai primi CD, che sembrano oggetti alieni, perfetti.
L’informatica entra nelle aziende e negli usi privati: ricordo il senso di orrore che mi procuravano le prime e-mail, che dimenticavo regolarmente nel computer che lasciavo quindi senza risposta, ma le dicendo queste sistemi che sconvolgevano l’antico tran tran dell’apertura mattinale della posta.
Il decennio si chiude con un’altra svolta silenziosa: si comincia a parlare con sempre più insistenza di Europa, di moneta unica, di trattati condivisi. I viaggi diventano più frequenti, le barriere più leggere. Qualcosa si sta preparando, anche se non sappiamo ancora bene cosa.
1990-2000
Verso il nuovo secolo
La caduta del Muro di Berlino, proprio alla fine del decennio precedente, e il successivo sfaldamento dell’URSS, con la conseguente apertura all’Occidente degli ex Paesi satelliti, sembrarono segnare nella maniera più fausta la chiusura del XX secolo. Un secolo che, dopo le carneficine delle due guerre mondiali, gli orrori che le accompagnarono, le dittature e gli incubi della Guerra Fredda, pareva finalmente avviarsi verso un futuro diverso. Gli anni Duemila sembravano spalancare le porte a una nuova era: la scomparsa delle dittature nel continente europeo, un’economia in costante sviluppo e il consolidamento di quell’Unione Europea che appariva finalmente in grado di realizzare un sogno antico di unità e di pace.
Fu un decennio pieno di speranze, particolarmente apprezzato da chi, come me, apparteneva a una generazione ormai nella piena maturità, che vedeva realizzarsi desideri e prospettive assolutamente impensabili – o addirittura inimmaginabili – ai tempi della propria giovinezza.
Sembrava che, finalmente, la storia avesse imboccato la strada giusta.
Ricordo bene lo stupore nel vedere arrivare i primi pullman (che catorci di pullman!) carichi di turisti provenienti da oltre cortina. In estate si cominciavano a sentire per le strade idiomi sconosciuti, lingue che sembravano provenire da mondi lontani – e in effetti, fino ad allora, lo erano stati davvero.
Indimenticabile, poi, fu la soddisfazione di poter attraversare in automobile la frontiera italo-francese senza doverci fermare, ripensando a quanto fossero lente le procedure di un tempo, o a quando – da ragazzo – ti controllavano minuziosamente,e sovente in maniera arrogante ,tutto il bagaglio.
Questo piccolo ricordo personale e’ comunque indice del grande passaggio storico che sembra a portata di mano:
e’ l’idea di una cittadinanza europea, incominciamo a sentirci parte di qualcosa di grande.
Per una generazione cresciuta nel dopoguerra, tutto questo è rivoluzionario.
Eppure, non tutto è oro. I Balcani esplodono in una serie di guerre sanguinose. La Jugoslavia si frantuma, e l’Europa, impotente, assiste a massacri nel cuore del continente. Le immagini di Sarajevo assediata, di Srebrenica, di profughi in fuga, ci ricordano che la violenza non è una reliquia del passato. Anche vicino a noi covano odi antichi e nuovi fanatismi.
Intanto a casa nostra avviene terremoto: Tangentopoli.
Mani Pulite fa saltare in aria l’intero sistema dei partiti. La DC e il PSI spariscono, e con loro finisce un’epoca, quella delle correnti, delle tessere, dei compromessi eterni. Ma a prendere il loro posto non arrivano gli angeli: il sistema si ricompone, con volti nuovi e vecchie logiche, nonostante che,per la prima volta, l’Italia venga guidata da un imprenditore che porta in politica linguaggi e strumenti del marketing.L’era Berlusconi inizia nel 1994, e nel bene e nel male segnerà le due decadi successive.
La televisione è sempre più predominante nei mezzi di informazione: nascono nuovi canali, si moltiplicano talk show, reality, pubblicità. I modelli di successo non sono più solo politici o artisti, ma anche presentatori, vallette, opinionisti. Tutto si mescola, e il confine tra informazione e intrattenimento si fa sempre più sottile.
Ma in definitiva siamo tutti contenti, la vita si è’allungata e a 60 anni, quando i nostri nonni erano considerati già dei vecchi, ci si sente ancora giovanotti pronti ad entrare con slancio e grandi speranze nel XXI secolo.
Nella prossima newsletter:
2000-2010: E’ iniziata un’era nuova?
2010-2020: Verso un nuovo cambiamento
2020-? : cosa ci riserva il futuro?
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Alfredo