85 Anni che hanno rivoluzionato il nostro modo di vivere: 1940-2025
Ricordi e considerazioni di una persona che ha avuto la sorte di vivere un periodo in cui la società italiana e il suo modo di vivere ha subito la più grande trasformazione di sempre.
PARTE PRIMA: 1940-1970
Quello che avviene attorno a noi viene memorizzato a seconda del nostro stato d’animo del momento, ma poi con il passare del tempo e soprattutto con l’avanzare degli anni, questi ricordi vengono ricollocati in uno spazio modificato dalle nostra interpretazione, plasmato dalla crescita della nostra esperienza.
Pertanto, sia l’età che e l’esperienza accumulata permettono una visione più organica e razionalmente meno emotiva, ma sempre e comunque intrinseca al nostro “io”.
E’ quindi in questa luce che mi accingo a rivedere,come in un film, questi ultimi 8 decenni.
1940-1950
La preistoria
Quando sono nato la composizione della società italiana non era molto differente da quella dei secoli precedenti, come pure le condizioni e lo stile di vita che, tranne che per una fascia relativamente limitata della popolazione, erano quelle di sempre.
Su circa 44 milioni di persone 50% erano contadini e braccianti, gli operai il 25%.
Oggi meno del 4% lavora in agricoltura, mentre gli operai sono poco più del 15%.
Per rendersi di quanto abbia influito sulle condizioni di vita questo stravolgimento delle classi sociali mi aiuto con i ricordi della mia infanzia, dove a Lodi, paese della mia famiglia, in estate vedevo dal giardino di casa,posto in alto sulle mura, la campagna che si spingeva fino alla base delle stesse, e la
schiera dei falciatori che avanzava diagonalmente metro dopo metro nelle enormi distese di erba da fieno, arrestandosi ad intervalli per detergersi con gli ampi fazzolettoni l’abbondante sudore e molare a mano con la cote le lame ricurve delle falci,
Questi contadini vivevano in cascina, a gruppi di famiglie (ricordate il film “l’albero degli zoccoli”?) e non solo i bambini ma anche i giovani, ragazze comprese, camminavano nell’aia a piedi nudi nel fango e nel letame, e tutti gli strumenti di lavoro e della vita quotidiana erano gli stessi oggetti artigianali che oggi vediamo nei musei dell’agricoltura. E così era da secoli, anche in una delle campagne più fertili e ricche d’Italia.
Ben peggiore era la vita negli alpeggi delle zone alpine e prealpine anche in quelle situate a poca distanza dalla “civiltà“: acqua di fonte, un unico braciere, niente servizi igienici se non all’aperto, e questo fino quasi agli inizi degli anni ‘60, quando nel resto del paese già si diffondevano gli strumenti dell’attuale comfort.
Questi ricordi mi sono rimasti indelebili, come ad esempio quelli delle donne del Vergante che, alzandosi alle quattro di mattina, facevano otto/dieci chilometri di faticosa salita per andare a vendere la loro frutta ai villeggianti della zona portandosi gerle da 35, 40 kg sulle spalle.
Per quanto riguarda gli operai, la giornata lavorativa era mediamente di otto ore, sabato compreso: si andava al lavoro in bicicletta, ovviamente con qualsiasi tempo,nebbia e neve comprese,riscaldandosi prima del turno di lavoro con un “grappino” al bar più vicino.
Il riposo era solo alla domenica, generalmente riservata al bar, alle bocce, o a sentire alle tre del pomeriggio alla radio il secondo tempo di una partita di serie A.
Così viveva la maggior parte della popolazione italiana nei “bei tempi andati“.
1950-1960
Il risveglio
In questo decennio,quasi parallelamente alla mia crescita,anche il Paese si stava risvegliando con velocità dapprima incerta e poi sempre più accelerata, con un generale ottimismo generato dalla constatazione, a tutti i livelli, che il lavoro,anche se sempre duro, incominciava a dare frutti concreti. In quest’atmosfera la vita e le abitudini non erano di gran che cambiate e avrebbero incominciato a farlo solamente verso la fine degli anni 50.
In città si usavano i mezzi pubblici ( che viaggiavano nelle ore di punta con grappoli di persone aggrappate all’esterno delle porte) oppure le proprie gambe,sia per andare in ufficio o a scuola, analogamente a quanto accadeva in campagna.
L’alimentazione ancora per moltissimi strati della popolazione era precaria: in campagna la polenta era ancora il “piatto forte” ed anche in città per manovali e operai la carne era un lusso da consumarsi al massimo un paio di volte alla settimana.
Fortissimo era ancora,anche nelle classi della media borghesia, il senso del “ non buttar via niente”, come in cucina o nell’abbigliamento ,ove il rammendo o il rivolto della giacca erano un uso comune.
E’ alla metà del decennio che, più o meno in concomitanza con l’avvento della televisione ( 1954) avviene l’inizio della svolta tra il mondo sino ad allora tradizionale e il nuovo avanzante, che il nuovo mezzo contribuisce a proporre alla conoscenza di tutti.
Primi a diffondersi i frigoriferi, poi le lavatrici, i primi elettrodomestici, i primi oggetti in plastica.Per gli spostamenti le biciclette incominciano a lasciare il posto agli scooter e poi alla mitica 500.
Il benessere materiale incomincia ad essere intravisto alla portata di tutti e la sua ricerca assorbe quasi completamente ogni altra aspirazione. Rimangono tuttavia in essere buona parte dei vecchi e tradizionali valori: rispetto delle regole( o meglio paura di infrangerle), famiglia,chiesa,scuola, una buona dose di sopportazione ( si “ deve” fare).
1960-1970
Gli anni del benessere
Come tutte le cose buone e ben seminate, gli effetti del boom che erano andati sempre più sviluppandosi nel proseguo degli anni 50, esplodono in maniera incontenibile nel decennio successivo e l’Italia giunge ad essere ben presto la quarta potenza industriale del mondo.
Sorgono, sopratutto al nord, nuove fabbriche e si vanno formando grandi conglomerati industriali che, a loro volta, danno origine a una miriade di medie e piccole industrie create dal geniale spirito imprenditoriale di un numero straordinario di “piccoli padroncini”.
Questo incredibile sviluppo porta come conseguenza a
grandi stravolgimenti nell’assetto della situazione socio economiche del Paese.
Per effetto dell’industrializzazione avvengono grandissime migrazioni interne con lo spostamento di centinaia di migliaia di contadini dal sud verso il nord: si assiste così ad un enorme e disordinato sviluppo edilizio che stravolge non solo l’urbanistica ma anche il tessuto sociale delle grandi città.
Nelle campagne l’automazione delle lavorazioni agricole soppianta i secolari sistemi sino ad allora utilizzati, sconvolgendo di conseguenza molto spesso i millenari equilibri idrogeologici. I campi dove da bambino vedevo i falciatori, anno dopo anno sono stati divorati dall’urbanizzazione della città.
E con il diffondersi del benessere anche il mondo pastorale degli alpeggi delle Alpi e delle Prealpi e’ stato quasi completamente abbandonato.
Negli alpeggi, dove da piccolo mi portavano in gita a mangiare la polenta col latte appena munto, ho visto progressivamente crescere i rovi e sgretolarsi i vecchi muri di sasso. Una tristezza per i miei ricordi, non altrettanto per chi aveva definitivamente abbandonato quella pesantissima vita.
Purtroppo, come sempre avviene nei processi di veloce mutamento, l’improvviso benessere ha avuto come conseguenza l’insorgere di una smodata smania di consumismo, sia di cose all’inizio utili sia poi di altrettante inutili. Chi ha vissuto quei tempi si ricorderà ad esempio le valanghe di cartoncini di auguri che si ricevevano e si rimandavano in occasione delle festività , degli acquisti di oggetti perlopiù inutili e stravaganti, della ostentazione a tutti i livelli di quanto uno era riuscito a conquistarsi.
E quando sono stati acquisiti i beni primari, inevitabilmente incominciano a diminuire gli stimoli originari,si tende a “sedersi” o a esigere sempre di più.
Inoltre chi, cresciuto in tempi difficili e a costo di grandi sacrifici, aveva raggiunto un certo benessere, spesso ha ecceduto nel voler risparmiare ogni impegnativo sforzo ai propri figli, illudendosi di renderli felici offrendo loro subito ciò che lui aveva ottenuto con tanta fatica.
Questo è quello che ha incominciato a succedere alla fine degli anni 60, prodromo del grande sconvolgimento Iniziato nel 1968.
Nella prossima newsletter:
1970-1980:Gli anni bui
1980-1990: Si incomincia a riaccendere la luce
1990-2000:Verso il nuovo secolo
2000-2010: E’ iniziata un’era nuova?
2010-2020: Verso un nuovo cambiamento
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Alfredo