Tutti sono bravissimi a analizzare, molti meno a proporre
Moltissime sono le persone (politici, economisti, opinionisti, giornalisti) che si occupano professionalmente dei grandi problemi presenti nella nostra società: politica, ambiente, demografia, immigrazione ecc., problemi sui quali ciascuno manifesta la propria opinione in base alla propria (in)capacità, alla propria ideologia, alla propria attitudine, generando dibattiti, polemiche, scontri ( tra l’altro purtroppo non sempre solo politici).
Tutti, da ogni parte, sono abilissimi nel fare le più dettagliate analisi del problema, magari basandosi più sulla contraddizione della tesi opposta che sulle proprie convinzioni.
Ma quando il dibattito, anche il più infiammato, si esaurisce, il risultato quasi sempre si riduce a retoriche conclusioni di principio o a proposte di soluzione molto spesso più teoriche che realizzabili, e il tutto passa poi nel dimenticatoio, in attesa della prossima occasione di altre analisi e relative discussioni.
Sembra quindi che la diagnosi sia l’unica parte veramente degna di interesse, al contrario della terapia, un terreno sempre minato, da lasciare al più presto nell’oblio.
Questo avviene sia nella politica nazionale dove il “dibattito politico ” si riduce essenzialmente nella difesa delle proprie posizioni da parte del governo al momento in carica, e da parte delle opposizioni nel continuamente attaccare su “quello che non va” ma senza presentare delle precise e soprattutto concrete proposte in merito.
Ancora più sconcertante,viste le entità delle poste in gioco,è quello che avviene in ambito europeo.
Politica internazionale: l’esercito europeo e la paralizzante unanimità.
Mentre ormai da tempo ci si è resi conto che l’Unione Europea ,così come è strutturata, non può risolvere i problemi che le impediscono di diventare un’unica entità politica, e quindi adottare un’unica strategia in campo internazionale, a tutti i livelli si continua a parlare con la massima serietà di “difesa comune”, di “esercito europeo”: questioni fondamentali in linea di principio ma in pratica oggi impossibili da realizzare, analogamente a quanto sta avvenendo per la crisi ucraina, ove i grandi dibattiti politici sul sostegno a Kiev non hanno ancora trovato alcuna soluzione pratica.
Anche sulla paralisi decisionale dell’UE, derivante dall’obbligatorietà del voto all’ unanimità su questioni fondamentali come la politica estera e la difesa comune, mentre tutti si dichiarano d’accordo sulla sua revisione, sul piano pratico nessuno ha avanzato concrete proposte per risolvere questo fondamentale problema, anzi si sta proseguendo imperterriti nel continuo allargamento dell’Unione con le vecchie regole.
Ambiente: tante analisi, pochi piani concreti
Sull’ambiente la situazione è simile: l’emergenza climatica è unanimemente riconosciuta, ma al di là di slogan e buone intenzioni, mancano determinanti proposte pratiche su come trasformare le economie senza creare disastri sociali.
Qualcuno propone tasse ecologiche, altri incentivi, ma quasi nessuno affronta il nodo politico ed economico di fondo: come distribuire costi e benefici senza perdere consenso e potere?
Demografia e migranti: problemi reali, risposte evanescenti
Anche il problema demografico – con l’Italia e molte altre nazioni europee a fronteggiare una popolazione che invecchia contrapposta ad un costante calo delle nascite – viene discusso in termini teorici, senza piani efficaci per invertire la tendenza.
Al contrario l’esponenziale crescita della popolazione mondiale con le conseguenti ricadute sulle risorse disponibili nel pianeta ed i relativi problemi ecologici vengono continuamente analizzati, discussi ma senza nessuna ricaduta pratica sulla soluzione.
Sull’immigrazione le discussioni oscillano tra umanitarismo e chiusure, con un continuo scaricabarile politico e sociale tra le opposte tendenze, ma che senza da nessuna parte provengano delle proposte realistiche di come poter affrontare alla base il problema.
Concretezza
Sono questi alcuni esempi dei grandi problemi attuali, non certo di facile soluzione, ma da cui dipendono le sorti future della nostra umanità
Quindi, mentre se da una parte è indispensabile individuarli, monitorarli ,analizzarli e darne la più doverosa e corretta informazione dall’altra e’ altrettanto doveroso avanzare,al posto di demagogiche o opportunistiche soluzioni, proposte concrete magari parziali e non risolutive ma che permettono di fare concretamente qualcosa.
In caso contrario, si fa unicamente dell’inutile e sovente utilitaristico bla- bla-bla e dell’inopportuno allarmismo.
Perché questa assenza di proposte reali?
• Incapacità politica? Forse chi governa e chi fa opinione preferisce mantenere lo status quo perché qualsiasi cambiamento radicale è rischioso e complesso?
• Calcolo politico? Le riforme impopolari potrebbero costare voti o consenso, e quindi si evitano o si rimandano sine die?
• Interessi economici? Si sa che potere e lobby spesso traggono vantaggio da situazioni di incertezza o di gestione incompleta dei problemi, e ostacolano le vere riforme.
Probabilmente per un cocktail di tutte queste ragioni a cui andrebbe comunque in molti casi aggiunta anche la generale pochezza di molti degli gli attori.
Il silenzio degli opinionisti
Sorprende che il tema della mancanza di proposte concrete e realizzabili non sia quasi mai oggetto di dibattito tra gli opinionisti e gli esperti.
Forse perché anche loro sono inseriti in un sistema che premia molto più l’analisi e la denuncia che il rischio di proporre soluzioni scomode?
O forse perché proporre idee concrete richiede conoscenza, coraggio e una visione a lungo termine che oggi scarseggiano?
Conclusione
Viviamo in un’epoca in cui la capacità di diagnosticare problemi è quasi universale, ma la capacità e la volontà di proporre e agire concretamente stanno diventando sempre più una rarità. E finchénon si supererà questa impasse, i problemi continueranno come da sempre ad essere risolti non dalla volontà dell’uomo, ma da quella che i greci chiamavano “Tuche”, la sorte.
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Piccole riflessioni della settimana.
18 maggio. Praticamente ignorata dai media la notizia che Il 18 maggio 1944 l’originaria popolazione dei Tatari di Crimea fu deportata da Stalin in Uzbekistane e in altre regioni asiatiche, sostituendola con coloni russi.
21 maggio I tre telegiornali nazionali nella principale edizione serale, al contrario di altre testate, non hanno dato notizia dello sconcertante show di Trump nei riguardi del presidente del Sudafrica Cyril Ramaphosa.
22 maggio I suddetti telegiornali, sempre nell’edizioneserale, non hanno menzionato il fatto chel’ amministrazione Trump ha vietato all’universitàdi Harward di avere studenti stranieri.Quelli attualmente iscritti (ca. 6.800, un quartodel corpo studentesco), dovranno trasferirsi altrove.
Non sono notizie da poco.