Cosa non vada in Europa (o meglio,nella Unione Europea) penso sia sotto gli occhi di tutti, ad eccezione di coloro che fanno finta di non vedere o, se vedono, preferiscono crogiolarsi nelle solite enfatiche, stantie e retoriche affermazioni (“ l’ideale”,“ la casa comune”,”serve più Europa” etc.etc.) le quali, oltre a rimanere nel limbo delle utopiche buone intenzioni, non fanno che prestare ulteriore linfa a coloro che per miopia storica o calcolo politico europeisti non sono mai stati e mai lo diventeranno.
Si continua a parlare di Europa ( “ ma cosa fa l’Europa..” “ perché l’ Europa…” “ l’ Europa deve farsi sentire…”)come se si trattasse di un attore unico e coeso sulla scena internazionale.
Ma è mai possibile che nessuno voglia chiaramente ammettere che questo tipo di “ Europa” non esiste?
Sembra di rivedere la favola del re nudo di Andersen:
sfilate, cerimonie, dichiarazioni solenni, tavoli di emergenza e summit a ventisette, ma il vestito non c’è più.
Eppure nessuno lo dice.
Che il vestito non ci sia più i cortigiani lo sanno benissimo, ma tutti fingono: per interesse, per calcolo e carriera politica, per lo stipendio, per il mestiere di gazzettieri,nani e ballerine di corte.
Esiste solo una Unione Europea – una aggregazione di 27 paesi uniti da trattati prevalentemente economici e commerciali – che non è uno Stato (federale o confederato) dotato di una vera sovranità condivisa in materie chiave come politica estera, difesa e sicurezza.
Una struttura pensata più di 80 anni fa e ma che non ha saputo nel tempo adeguarsi ai mutamenti del mondo che la circonda.
Quando i princìpi non bastano più
La UE si fonda sull’adesione volontaria a determinati principi democratici di diritto e di rispetto dei diritti umani.
Ma cosa succede quando un paese membro, una volta entrato, viola apertamente quegli stessi princìpi che gli hanno permesso di accedere?
Una procedura estremamente lunga e laboriosa che deve avere l’approvazione all’unanimità degli altri Paesi.
Un’anomalia talmente paralizzante che sinora non solo non ha portato a risultati concreti, come nei casi di Ungheria e Slovacchia ( per ora), ma che da utopico strumento di solidarietà si è trasformato in un potente elemento di disgregazione.
Fico ( Slovacchia) Orban (Ungheria)
La paralisi del compromesso
Una delle conseguenze e’ una catena infinita di compromessi, spesso al ribasso, che rende l’Unione, sempre più impantanato nel districarsi nelle questioni per così dire di routine( economia,scambi commerciali,ecologismo, etc.), e nel contempo assolutamente incapace di affrontare questioni fondamentali,come la difesa o l’immigrazione, quando le divergenze tra i vari membri diventano inconciliabili.
Politica estera: l’impotenza
L’esempio più evidente di tale impotenza e’ dato dalla posizione dei 27 membri nei confronti della guerra in Ucraina. Ogni paese dice la sua, sostiene, frena o accelera a seconda dei propri interessi nazionali e delle proprie maggioranze politiche.
Ne emerge una voce debole, contraddittoria, spesso inefficace, mentre la Russia detta i tempi e i modi dello scontro. E l’Unione, nata come progetto di pace, si trova oggi in mezzo al guado, nel cuore del conflitto più grave dalla fine della Guerra Fredda.
Difesa comune: solo parole
Anche sul fronte della difesa la retorica abbonda, vista l’impossibilità di adottare soluzioni pratiche: tutti sproloquiano su esercito europeo, spesa comune, coordinamento strategico.
Summit, incontri a 3,a 4, a 5…, diatribe interne tra politici,politologi, talk- show e tavole rotonde: tutto sul niente, perché nei fatti ogni paese continua ad agire per conto proprio.
Non esiste un bilancio della difesa europeo, non esiste una catena di comando unica, non esistono regole comuni di ingaggio.
E l’unico risultato concreto è che molti Paesi, specie quelli con le maggiori potenzialità industriali ed economiche, stanno incominciando a riarmarsi singolarmentein maniera sempre più consistente: esattamente l’opposto di quanto era il presupposto di Monnet e degli altri padri fondatori dell’ Europa unita.
Emblematico il caso della Germania, ove il suo preannunciato massiccio riarmo potrebbe, in assenza di un contesto europeo credibile e condiviso, non rafforzare ma destabilizzare ulteriormente gli equilibri interni al continente. Con tutti i fantasmi storici che ciò si porta dietro.
Migrazione: il trionfo della contraddizione
Altro terreno minato: l’immigrazione. Come sempre parole tante sui principi(solidarietà, umanitarismo etc.) che teoricamente sono comuni, ma la loro applicazione e’ variabile e contraddittoria a seconda del paese e del momento politico. L’Olanda, tanto per fare un esempio, è passata nel giro di pochi anni dall’essere uno dei paesi più accoglienti a uno dei più chiusi. La solidarietà tra paesi si riduce quasi sempre a slogan, mentre l’emergenza resta sulle spalle dei soliti noti.
Amici ex(?) nemici
E nessuno sembra preoccuparsi davvero di come l’Unione possa gestire, in futuro, i conflitti etnici, religiosi e territoriali sempre latenti tra paesi che in passato – anche molto recente – si sono combattuti ferocemente.
Come se bastasse un trattato a cancellare secoli di rivalità.
La NATO e l’illusione americana
In tutto questo, si continua a parlare della NATO come se fossimo ancora nel 1980: un’alleanza euroatlantica forte, coesa, in cui gli Stati Uniti sono il garante ultimo della nostra sicurezza. Ma il mondo è cambiato. La parentesi Trump ha mostrato (a chi ha voluto vedere) che l’ombrello americano non è eterno né scontato. L’America guarda altrove, e se domani scegliesse davvero il disimpegno dall’Europa, ci troveremmo scoperti e impreparati.
Forse l’unico ad averlo capito fino in fondo è Vladimir Putin, che ha trasformato la guerra in Ucraina nel suo laboratorio geopolitico: una guerra di logoramento per testare la tenuta della UE, della NATO, dell’Occidente stesso. Sta giocando sulle nostre debolezze strutturali, ben sapendo che un’Europa unita potrebbe valere cinque volte la Russia in termini di PIL, tecnologia e popolazione.
Ma l’Europa unita, per ora, esiste solo nei convegni.
Conclusione: verso una nuova frammentazione?
Il risultato di tutto questo è purtroppo prevedibile:accanto alla fragile impalcatura dell’UE, i paesi storicamente più forti e dotati – Germania, Francia, e (fuori dall’Unione) l’Inghilterra – tenderanno sempre più a fare da sé. Lo fanno già. Sul piano diplomatico, militare, industriale. La tentazione del “club dei grandi” rischia di prendere il sopravvento, creando un’Europa a più velocità o, peggio, una nuova frammentazione continentale,con buona pace dei paesi più piccoli o storicamente più deboli.
Chissà cosa ne penseranno i sei grandi statisti che hanno fondato l’Europa!
I sei Ministri degli Stati Fondatori: Italia,Francia,Germania,Belgio,Olanda,Lussemburgo
______
Post Scriptum
Questo mio piccolo articolo non è contro l’Europa, un’istituzione che ha riempito i sogni delle persone della mia generazione, nate nelle rovine lasciate dall’ultima follia mondiale, che hanno sinceramente ed entusiasticamente creduto nella nascita di qualcosa che, pur nelle singole diversità, unisse culturalmente e politicamente i popoli di un continente che è stato da oltre due millenni la culla della civiltà.
Ma è contro tutti coloro che, intorpiditi dal benessere e dalla libertà in cui sono cresciuti, rinnegano gli insegnamenti della storia, riportandoci ancora una volta nell’eterno ciclo dell’intolleranza e della legge del piu’ forte.
========
Se questa mia mail ti e’ piaciuta,mi farebbe piacere che la condividessi con chi pensi possa apprezzarla.
Mi aiuteresti a far crescere la nostra piccola comunità di lettori. Ti ringrazio in anticipo.
Alfredo