Pace e Guerra
__________
Pace e Guerra: due parole antiche come il mondo ma ancora vive,oggi più che mai.
Pace e Guerra: due parole che si rincorrono, oggi come sempre.
La prima -pace- sembra sulla bocca di tutti, dalla politica ai social.
La seconda -guerra- la troviamo sempre più spesso nei titoli dei giornali, nei bollettini dal fronte, nelle immagini che ci scorrono davanti agli occhi ogni giorno: l’Ucraina martoriata, Gaza devastata, guerre dimenticate che proseguono nell’Africa subsahariana e in Asia.
Sono due parole in antagonismo perpetuo, come vita e morte, bene e male, amore e odio. Una contrapposizione che ha attraversato tutta la storia dell’umanità. E che ci interroga oggi, più di ieri.
Un dualismo che non ci abbandona
Già gli antichi avevano sottolineato che l’essere umano convive con una tensione interna irrisolvibile tra questi due opposti, e che la guerra non è l’eccezione della storia, è la storia stessa.
“La guerra è madre di tutte le cose”, scriveva Eraclito nel VI secolo a.C. Non con spirito bellico, ma con la consapevolezza che ogni trasformazione ha radici nel conflitto.
Platone ne La Repubblica, distingueva tra l’anima razionale e quella irascibile, mettendo in scena quella stessa dicotomia che oggi chiamiamo pace e guerra.
Tucidide, cronista spietato della guerra del Peloponneso, scriveva che “la guerra è una violenta maestra, che impone i suoi insegnamenti anche a chi non li vuole apprendere”.
Ma accanto al fragore delle armi, da sempre si alza anche una voce contraria, talvolta più flebile ma sempre costante: quella della pace.
Fin dai tempi più remoti, i racconti dell’umanità sono segnati da questo contrasto. La guerra, ci dicono antropologi e filosofi, nasce da un impulso primordiale.
I bambini, ancora lontani dalle influenze esterne, “giocano alla guerra”, al pari dei cuccioli degli animali che si azzuffano per istinto. La violenza sembra in qualche modo parte integrante della nostra natura.
Col crescere dell’individuo cresce contemporaneamente l’istinto al dominio: la volontà di imporsi sugli altri, di prevalere. La guerra come soddisfazione degli impulsi più primitivi, ma anche come valvola di sfogo per frustrazioni individuali e collettive. Le guerre, in fondo, nascono sempre da un problema irrisolto: un confine conteso, una ferita nazionale, un’ideologia assoluta, una paura non razionalizzata.
Ma accanto a questo istinto primordiale, ne esiste un altro, altrettanto potente: il desiderio di pace. Di equilibrio, di protezione, di serenità. La pace come bisogno psicologico, come aspirazione a una vita non soltanto sicura, ma anche armoniosa.
In fondo, pace e guerra non sono solo eventi storici: sono due facce della nostra interiorità. Cambiano le epoche, i protagonisti, le armi. Ma lo scenario resta sempre lo stesso: l’essere umano in perenne bilico tra due forze opposte.
Oggi: tra slogan e realtà
Oggi si parla moltissimo di “pace”. È diventata una parola di moda: commuove, non disturba, suona bene in ogni contesto. Ma spesso è una pace di facciata, tirata da una parte o dall’altra per legittimare posizioni per lo più politiche. E si invoca la pace da tribune comode, lontane dai conflitti veri, da chi la guerra non la vive sulla propria pelle.
È curioso — e un po’ paradossale — che la parola pace sia così presente nei discorsi pubblici proprio mentre le guerre attive nel mondo sono in continuo incessante aumento. Non solo l’Ucraina o Gaza, ma Etiopia, Sudan, Yemen, Myanmar, e una lunga lista di altri teatri dimenticati.
Anche i due ultimi Pontefici sono stati coinvolti nel farraginoso discorso mediatico sulla pace. Papa Francesco viene spesso citato come paladino assoluto della pace, come se fosse il primo Pontefice ad averne parlato. Eppure la tradizione cristiana ha sempre avuto nel suo cuore l’idea della fratellanza universale. Il saluto “Pax vobiscum” non è una trovata recente.
Giovanni XXIII nel corso 1963,in piena Guerra Fredda,scrisse la “Pacem in terris”:
“La pace sulla terra, desiderio profondo degli esseri umani di tutti i tempi, non può essere stabilita se non nel rispetto degli ordini stabiliti da Dio.”
Paolo VI, rivolgendosi all’Assemblea Generale dell’ONU nel 1965, pronunciò una frase rimasta nella storia:
“Mai più la guerra, mai più la guerra! È la pace, la pace che deve guidare il destino dei popoli.”
Quella della pace non è quindi un’invenzione moderna né una categoria da relativizzare politicamente.
La pace è una tensione costante dell’animo umano,un diritto ed un dovere.
Eppure oggi sembra quasi che parlare di pace sia prerogativa di chi non è coinvolto nei conflitti o peggio di chi ama nascondersi dietro una presunta superiorità morale che rimuove la realtà oggettiva.
Guerra: la parola che (non) vogliamo sentire
Eppure la guerra torna. Non solo nella cronaca, ma nel nostro superficiale linguaggio quotidiano. La usiamo per parlare di sport, di politica, perfino di business. “Guerra dei prezzi”, “guerra elettorale”, “guerra al virus”. Ma la guerra vera è un’altra cosa: e’ perdita di vite, distruzione, dolore.
Anche la parola guerra, oggi, viene manipolata. Si camuffa con nomi diversi — “operazioni speciali”, “interventi mirati”, “azioni preventive” — e si giustifica con motivi umanitari, difensivi, strategici. Ma resta quello che è:l’incapacità della diplomazia, la negazione della convivenza,il fallimento del buon senso.
E come per la parola “pace” anche qui la confusione è altrettanto grave: si mette sullo stesso piano chi aggredisce e chi si difende. Si rimuove il principio di legittima difesa. Si sostiene, implicitamente, che opporsi all’aggressione significhi “alimentare la guerra”. Ma siamo proprio sicuri che sia davvero così?
Se un malvivente entra in casa nostra e forze dell’ordine non riescono ad intervenire, il nostro diritto naturale ci spinge a difenderci.
S.Agostino nel suo “De Civitate Dei”parlava di bellum iustum (la guerra giusta) come ultima ratio per difendere la pace vera. Non come desiderio, ma come necessità.
Anche la tradizione cristiana, che pure proclama il Vangelo della pace, ha sempre distinto tra violenza offensiva e difesa del bene.
Il riarmo, in questo contesto, è un altro punto dolente. Viene visto solo come spirale bellica. Ma disporre di una difesa credibile può, molto spesso, prevenire il conflitto. 80 anni di storia recente lo attestano come pure la Storia,passata e recente ci ricorda che la debolezza invitante è molto più pericolosa della forza dissuasiva.
Conclusione: l’oscillazione eterna
Pace e guerra non sono realtà alternative: sono le due polarità tra cui l’umanità continua a oscillare.
Siamo figli di questo conflitto interiore. L’essere umano è capace delle più grandi atrocità e dei gesti più straordinari di compassione. Pace e guerra convivono nella nostra psiche, nella nostra cultura, nella nostra storia. Il punto non è scegliere da che parte stare — quello è facile. Il punto è capire quando e come usare le parole e sopratutto gli atteggiamenti giusti, senza alcuna ipocrisia e senza alcuna superficialità.
Perché pace e guerra non sono solo eventi esterni. Sono, prima di tutto, stati dell’anima. Sta a noi decidere ogni giorno quali assecondare, senza dare alimento alle voci che distruggono quelle che, al contrario, uniscono..