Uno sguardo preoccupato ai Paesi Baltici
Estonia, Lettonia e Lituania sembrano sicure sotto l’ombrello NATO. Ma Mosca ha già iniziato a testarne i limiti.
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Putin non guarda solo a Kiev
Molti osservatori occidentali ripetono che Vladimir Putin non ha mai espresso il desiderio di “riannettere” i Paesi Baltici. Nessun piano, nessuna minaccia diretta, dicono.
Ma ricordiamo che fino al 2021, c’era chi giurava che Mosca non avrebbe mai invaso l’Ucraina. Poi è arrivata la realtà.
Oggi Estonia, Lettonia e Lituania sembrano tranquille. Sono nella NATO, nell’Unione Europea, apparentemente protette. Ma chi guarda con attenzione vede segnali sempre più chiari: la pressione russa cresce. E potrebbe non essere solo simbolica.
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Tre piccoli Stati, una grande storia
Per capire l’irritazione russa verso i Baltici bisogna partire da qui: dalla loro posizione strategica, dal loro passato di occupazioni, e dalla forza della loro identità nazionale.
• Estonia, Lettonia e Lituania sono tre Paesi diversi per etnia, lingua e cultura, da sempre contesi e alternativamente sottomessi ai più forti Paesi limitrofi, Polonia,Svezia e Russia: quest’ultima nel corso del XVIII li inglobò nell’impero zarista, promuovendo politiche di russificazione.
Divenute finalmente indipendenti nel 1918 alla fine della Prima Guerra Mondiale, nel 1940 a seguito del patto Molotov-Ribbentrop di spartizione della Polonia, le tre Repubbliche vennero occupate dai sovietici e inglobate nell’URSS.
Tra il 1944 e il 1953 oltre 200.000 cittadini baltici furono deportati in Siberia o in Asia centrale mentre altrettante furono condannate ai lavori forzati (su un totale di 5,5 milioni di persone).
Parallelamente alla repressione l’URSS implemento’ politiche di russificazione come la collettivizzazione agricola e l’immigrazione forzata di cittadini russi per alterare la composizione etnica e rafforzare il controllo sovietico.Vennero inoltre represse le lingue e tradizioni locali,con l’imposizione del russo come lingua ufficiale e applicata una severa censura delle espressioni culturali nazionali.
•In conseguenza di tale contesto, la composizione etnica è mista, soprattutto in Lettonia e in Estonia.
Un confronto tra il 1940 e oggi:
Estonia abitanti. 1.130.000. 1.346.00
Gruppo etnico 1940 Oggi
Estoni 88% 69%
Russi 8% 25%
Tedeschi/Altri 4% 6% ( inclusi bielorussi,ucraini)
Osservazione:In Estonia il numero di russi crebbe enormemente dopo il 1944, e oggi rappresentano circa un quarto della popolazione. A Narva e in altre città orientali i russofoni sono la maggioranza.
Lettonia abitanti. 1.950.000. 1.872.000
Gruppo etnico 1940 Oggi
Lettoni 75% 62%
Russi 10% 26%
Ebrei 5% 0,1%
Tedesch/Altri 10% 12%
Osservazione: La Lettonia ha subito una forte immigrazione russa sotto l’URSS. Ancora oggi molti russi residenti non hanno la cittadinanza lettone.
Lituania abitanti. 2.575.000. 2.880.000
Gruppo etnico 1940 Oggi
Lituani 80% 85%
Russi 4% 5%
Polacchi 6% 6%
Ebrei 7% 0,1%
Tedeschi/Altri 3% 4%
Osservazione: In Lituania la russificazione fu più contenuta. La comunità polacca è rimasta stabile, mentre quella ebraica è praticamente scomparsa dopo la Shoah.
In conclusione:i russi passarono dal 2/10% nel 1940 fino al
25/27% in Estonia e Lettonia
ebrei e tedeschi del Baltico quasi del tutto
scomparsi per effetto della shoah,delle
espulsioni e della migrazione verso Israele e
Germania.
. La forza dell’identità nazionale
Nonostante le differenze linguistiche ed etniche i Paesi Baltici condividono un fortissimo senso di identità nazionale ed una storia comune di aspirazione all’ indipendenza.
Già nel 1989, quando ancora i tre Paesi facevano parte dell’URSS, due milioni di persone formarono mano nella mano una catena umana da Tallin in Estonia a Vilnius in Lituania lunga 675 chilometri, per dare una pacifica testimonianza della determinazione con cui questi popoli volevano respingere l’assimilazione all’impero sovietico, manifestazione che viene ricordata come “catena baltica”.
Una determinazione che ovviamente a Mosca non è mai piaciuta.
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Le prime avvisaglie
Con l’Ucraina ancora al centro del conflitto, Putin non ha per ora alzato il tiro sui Baltici. Ma ha già iniziato a testarne la resistenza con provocazioni marginali ma significative:
• Il ministro degli Esteri Sergej Lavrov ha recentemente dichiarato che la Lituania “non ha diritto a essere uno Stato”.
. il 12 gennaio 2025, Aleksei Zhuravlev, vicepresidente della Commissione Difesa della Duma russa, ha dichiarato: “I Paesi baltici dovrebbero appartenere alla Russia”, sostenendo che Vilnius sarebbe “di diritto russa” in quanto già parte dell’impero zarista.
• Il Cremlino ha emesso un mandato di arresto contro Kaja Kallas, ex premier estone e oggi commissaria UE alla politica estera, per “azioni ostili contro la Russia e la sua memoria storica”avendo,durante la sua presidenza, fatto rimuovere monumenti celebranti l’occupazione sovietica.
• L’attuale portavoce del Cremlino Maria Zakharova ha “ricordato” che “Vilnius è capitale della Lituania solo grazie a Stalin”.
• Sconfinamenti aerei, cyberattacchi, propaganda verso le minoranze russofone completano il quadro.
Per ora, segnali. Domani?
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Kaliningrad/ Königsberg e il passato che ritorna
Uno snodo fondamentale in questa partita è Kaliningrad, l’ex Königsbergtedesca, enclave russa incastonata tra Lituania e Polonia
Un tempo,capitale della Prussia Orientale e sede di una delle più antiche università, patria tra gli altri del grande filosofo Immanuel Kant, oggi è la più potente base militare russa
sul Baltico ed e’ il risultato di una pulizia etnica caduta nell’oblio:prima della Seconda guerra mondiale ospitava 350.000 tedeschi. Oggi non ne resta alcuno: la popolazione è quasi interamente russa (circa 450.000 persone) da quanto dopo il il 1945 fu chiusa l’Università e la città venne annessa all’URSS.
Oggi Kaliningrad ospita missili balistici Iskander, capaci di trasportare testate nucleari e colpire Berlino, Varsavia o Stoccolma in pochi minuti.
Tra Kaliningrad e la Bielorussia c’è una striscia di terra lunga 65 km: il corridoio di Suwałki.
Un nome poco noto al grande pubblico, ma ben presente nei piani militari di Mosca e della NATO e forse non è un caso se negli ultimi mesi proprio la Lituania è stata presa di mira da Mosca.
Danzica, la storia si ripete?
Nel 1939 Hitler invase la Polonia con il pretesto di liberare il corridoio di Danzica, la città “tedesca” enclave nel territorio polacco. Alcuni storici – come il prof.Alessandro Orsini– hanno sostenuto che “Hitler non aveva intenzione di scatenare la Seconda guerra mondiale”, ma fu “costretto” a reagire a causa del patto di alleanza tra Polonia con Francia e Inghilterra.
Una tesi ovviamente molto discutibile ma utile per capire un punto: le alleanze contano, le giustificazioni arrivano dopo.
Oggi ,quasi come un perfetto “copia-incolla”, sta avanzando la questione del “ corridoio di Suwalki”. Potrà essere per Putin la scusa buona?
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Ma c’è la NATO. E allora?
Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia sono nella NATO. E l’articolo 5 dice che un attacco a uno è un attacco a tutti.
Ma la deterrenza funziona solo se si è pronti a usarla.
La vera scommessa del Cremlino potrebbe essere proprio questa: non un attacco diretto, ma tramite una campagna di disinformazione( come già sta accadendo), di pressione, di infiltrazione,di isolamento, per provocare una crisi prolungata in cui l’Occidente potrebbe mostrarsi diviso ed esitante: in quel caso, l’articolo 5 rischia di diventare un’ipotesi più che una garanzia.
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Conclusione: i segnali ci sono, ma è necessario ascoltarli.
Putin non ha bisogno di annunciare i suoi piani. Gli basta creare i presupposti. E oggi, nei Paesi Baltici, quei presupposti stanno prendendo forma.
Chi dice che “non succederà mai” forse dovrebbe rivedere le interviste del 2021. Quelle in cui si diceva lo stesso dell’Ucraina.